In seconda elementare ho fatto una gita alle grotte di Toirano. Li ho potuto imparare tutto sulle grotte: ci sono le stalattiti e le stalagmiti, si cammina sul passaggio preposto per spostarsi nell’ambiente ben illuminato. No! Non ho imparato proprio tutto, tutto. Devo ammettere che forse solo ora che ho terminato il corso di speleologia sto iniziando ad approcciare al mondo sotterraneo. Le grotte alternano passaggi angusti come l’oblò di una lavatrice a saloni ampli come una cattedrale. Ma soprattutto sono state scavate dall’acqua e quindi non si passeggia, ma ci si cala dentro.

Ho iniziato il corso senza conoscere nessuno, e senza nemmeno essere riuscito a partecipare all’escursione di avvicinamento. Ma fare amicizia è stato semplice perché l’homo speleologicus è un tipo schietto e genuino, festaiolo e vivo, ama la chiacchiera quanto un bicchiere di vino o un panino alla mortadella. Spende le sue domeniche ripudiando pantofole e televisione. Parte al mattino presto muovendosi al buio come un pipistrello, entra nel buio della grotta dove trova li ad attenderlo il freddo e l’umidità al 100%, il fango, la polvere e i pipistrelli. Arriva, sul fondo sudato, sporco e stanco. A questo punto gli tocca ancora la parte più dura: arrampicarsi indietro fino all’uscita. Potesse volare come un pipistrello! Quando finalmente esce è di nuovo buio. Solo i soldi o la passione possono spingere un essere umano ad entrare in un ambiente così ostile per fare così tanta fatica. Per questo la prima volta che sono entrato in grotta credevo che sarei diventato ricco: ho provato a cercare soldi ma non ce ne sono. Eppure anche non avendo trovato denaro, continuerò a praticare la speleologia: mi sono quindi appassionato alla polvere? Direi di no, per quella c’è già casa mia. Esplorando i meandri della Terra ho provato il gusto della scoperta di luoghi misteriosi e sconosciuti al pari dei grandi esploratori del passato, il gusto dell’impresa al pari di uno sportivo e il fascino emozionante di entrare sotto la pelle del nostro pianeta. Quando vado in grotta entro in contatto diretto e fisico con Gaia perché la tocco, la respiro e ci striscio dentro. Entro in contatto con me stesso perché sono attento, concentrato e pieno di emozioni: la paura di calarmi dentro un pozzo buio di cui non vedo il fondo, lo stupore di ammirare le concrezioni e i grandi spazi dei saloni, la gioia di condividere le chiacchiere cameratesche con le mie compagne e compagni d’avventura. Entro in contatto con il gruppo nel quale ho grande fiducia perché dalla cura di ognuno dipende la buona riuscita di un escursione e l’incolumità dei singoli. In grotta non si va senza un’adeguata preparazione, senza i giusti abbigliamento e materiali e soprattutto non si va da soli. Per fortuna sono finito nelle esperte mani del  manipolo ardimentoso dei volontari dei gruppi speleologico Giavenese e Pinerolese che mi hanno insegnato la tecnica e la prudenza e mi hanno trasmesso la passione.

Per concludere il corso al meglio ed entrare appieno nel mondo della speleologia ho anche partecipato al convegno nazionale degli speleologi; di giorno seriamente impegnato nelle conferenze informative, la sera animato dalle grandi feste allo speleo-bar tra i piatti tipici cucinati dalle varie delegazioni regionali e i fiumi di vino. Mentre ballavamo sui tavoli un brasiliano si è confidato con me all’orecchio dicendo che a confronto il carnevale di Rio sembra una festa delle elementari.

Federico Porta